Top Zone Consultant per l’Europa, specializzata nell’applicazione della Strategia Nutrizionale Zona direttamente con il dr. Barry Sears, con il quale è co-autrice dei libri Il Bello della Zona, La zona del Futuro, Magri per Sempre e La Zona Mediterranea.

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Quale ruolo gioca il glutine per il nostro benessere?

Come ogni anno all’inizio della bella stagione, ciò a cui assistiamo è il fenomeno del “toto dieta”: riviste più o meno specializzate fanno a gara per scrivere qualcosa sull’ultima dieta in voga tra le star dello spettacolo. È anche vero che alla fine si fa una grande confusione tra una dieta e una moda, un sistema nutrizionale e un rimedio flash che promette (ma la manterrà la promessa??) di far perdere molto peso in pochissimo tempo. Recentemente ho visto fare una grande confusione anche nei confronti della dieta Mediterranea, che viene interpretata come la dieta della pasta e dei carboidrati complessi, tanto che nella piramide nutrizionale che la rappresenta, questi ne costituiscono la base.
La realtà della dieta Mediterranea non è però esattamente questa, ed è giusto fare alcune precisazioni anche perché sempre più frequentemente si verificano strani “fenomeni” tra le persone che tendono a consumare molti carboidrati convinti che facciano bene, perché parte fondamentale della dieta Patrimonio dell’umanità. Molto spesso infatti sentiamo le persone lamentarsi del fatto che quando mangiano alimenti in cui è presente il glutine, si sentono male. Molti anni fa, ricordo due casi veramente impressionanti: una signora relativamente giovane che all’improvviso aveva perso tutti i capelli, ed una bimba che aveva perso la mobilità delle gambe.
Alla signora – che si era rivolta ad un centro di Houston – venne diagnosticata una sensibilità da glutine, mentre la bimba aveva manifestato enormi miglioramenti nella mobilità semplicemente adottando una alimentazione in Zona (la bimba era infatti figlia di una mia “zonista”) e quindi evitando tutto ciò che contiene glutine come pasta, pane etc. Devo dire che all’epoca restai davvero impressionata e iniziai a prestare sempre più attenzione a questa questione.

Celiachia e sensibilità al glutine

Recentemente il mondo scientifico ha iniziato a chiedersi se la sensibilità al glutine sia una condizione reale o solo una sorta di allucinazione di massa manifestata da ipocondriaci e mangiatori molto selettivi nel cibo. Ciò che invece è certo e facilmente verificabile, è che un americano su cento soffre di celiachia, la malattia di probabile origine autoimmune che può distruggere il piccolo intestino qualora si adotti una dieta in cui è presente la proteina del grano conosciuta come glutine. Accanto però ai “veri celiaci”, vi è un numero abbastanza rilevante di persone che – pur essendo negativi al test della celiachia – manifestano forti disagi qualora si nutrano con alimenti ricchi della proteina del grano. Finora però la medicina non è riuscita a definire esattamente questa condizione chiamata Non Celiac Gluten Sensitivity (NCGS) mediante una spiegazione scientificamente soddisfacente: sembra non ci siano parametri di riferimento a cui rifarsi.
I prodotti senza glutine occupano ampie porzioni del mercato alimentare americano ed europeo. Nel 2011, le vendite di cibo senza glutine negli USA sono risultate pari a 7,3 miliardi dollari, ed entro il 2016, gli esperti prevedono che le vendite saranno più del doppio: sono stime fatte negli Stati Uniti, ma in Italia la situazione non è molto diversa. Un dato indiscusso è che il “glutenfree” è sicuramente un mercato in rapida ascesa, ma ciò che la comunità scientifica si sta chiedendo è se raccomandare di eliminare o non eliminare il glutine per evitare di mettere a rischio la nostra salute.

Uno studio scientifico

I ricercatori del National Institute of Health hanno fatto uno studio su 59 pazienti ai quali non era stata diagnosticata la celiachia e nemmeno un’allergia al grano, ma che erano comunque convinti che il glutine facesse loro male. Ogni giorno per una settimana sono stati somministrati ad un gruppo 5 g di glutine e all’altro gruppo un placebo contenente amido di riso: ovviamente i partecipanti alla sperimentazione non erano al corrente di ciò che stavano assumendo. Dopo solo una settimana, il gruppo che stava assumendo il glutine riportava una differenza significativa nei sintomi rispetto a quelli che stavano assumendo il placebo. I soggetti a cui era stato dato il glutine lamentavano dolori intestinali, gonfiore addominale, la mente annebbiata e persino ulcere gastriche: è evidente che i sintomi parlavano da sé. La ricerca stima che ci sono 18 milioni di americani che presentano una sensibilità al glutine non essendo tuttavia positivi al test per la celiachia. La scienza che riguarda l’NCGS è sempre in evoluzione, perché sta rapidamente diventando una condizione diagnosticata frequentemente, ma spesso – secondo il parere della Fondazione per la Consapevolezza della Celiachia – sottovalutata. I pazienti sensibili al glutine possono trovare grande sollievo adottando una dieta adeguata e con un po’ di prudenza nella scelta degli alimenti: è però evidente che – una volta rientrati in contatto con il glutine – il disagio riaffiora pur non dando sintomatologia grave come nel caso della celiachia. Da quanto detto sopra, sembra evidente che anche i più scettici nei confronti del gluten free debbano prendere atto che molti soggetti non celiaci ma che manifestano strane sintomatologie, meritino grande attenzione e non di essere catalogati come malati immaginari. A questo punto viene istintivo chiedersi come considerare la dieta Mediterranea nella quale – come detto in precedenza – alla base della piramide nutrizionale troviamo grandi quantità di carboidrati.

Dieta mediterranea e glutine

È evidente che il glutine può rappresentare un problema per il nostro benessere anche se non consumato in maniera eccessiva: onestamente questa considerazione rafforza la mia convinzione che la “dieta Mediterranea”, intesa come dieta ricca di pasta e pane, non sia esattamente l’indirizzo migliore da seguire perché – che ci piaccia o no – il grano “moderno” ha qualcosa che per noi non è troppo funzionale. Quando invece per dieta Mediterranea intendiamo quella tipica dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo e alla cui base troviamo frutta e verdura al posto dei carboidrati complessi ed è raccomandato l’utilizzo di olio extra vergine di oliva e possibilmente pesce come fonte proteica, allora il discorso cambia e possiamo capire perché sia stata catalogata patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco. Credo sia doveroso chiarire almeno un concetto nel marasma di notizie più o meno scientifiche che sentiremo da qui all’estate riguardo alle diete: la “vera” dieta Mediterranea raccomandando un uso estremamente limitato di carboidrati complessi, automaticamente esclude il pericolo che vi sia un abuso di alimenti molto ricchi di glutine e inoltre garantisce un effetto anti infiammatorio ed anti ossidante fondamentali per sentirsi davvero bene. E il nostro benessere è un vero e proprio patrimonio.


Articolo pubblicato originariamente su Cabines.
L’immagine è di Brandon Giesbrecht da Flickr.